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29-6-17

CONSUMATORE, PRIMA DI TUTTO (nota a ECJ 14-6-17, Menini e Rampanelli)

La Corte di Giustizia (I sez.) ha con una recente sentenza (14 giugno 2017 nel caso C-75/16 Menini e Rampanelli) chiarito una questione intuitivamente semplice, ma resa complicata dal nostro legislatore, relativa a controversie che ricadano nell’ambito dell’art. 5 d. lgsl. 28/2010 ed interessino un consumatore.
Il caso era sorto a seguito di un decreto ingiuntivo per circa 1 milione di euro ottenuto a Verona nel giugno 2015 dal Banco Popolare a carico di due suoi clienti cui l’istituto aveva concesso una linea di credito. Tale decreto era stato opposto ed il giudice aveva rilevato che tale opposizione doveva essere preceduta da una mediazione rientrando la materia (“contratti assicurativi, bancari e finanziari”) nella c.d. mediazione obbligatoria ex art. 5 del decreto 28/2010. Nel contempo, il giudice rilevava pure che gli opponenti dovevano esser considerati “consumatori” e quindi trovava applicazione il Codice di consumo. Tale circostanza era rilevante perché il Codice era stato recentemente modificato dal d. lgsl. 130/2015 al fine di allinearlo alla normativa comunitaria in tema di ADR consumatori (direttiva 2013/11/CE e regolamento 524/2013), facendo però salvo (art. 141, 6° comma) quanto previsto dal decreto 28.
Ad avviso del giudice, poteva ipotizzarsi quindi un conflitto fra i due sistemi perché da un lato il decreto 28 stabilisce una procedura particolarmente restrittiva in tema di svolgimento della mediazione (in part. obbligo di rivolgersi ad un organismo accreditato, obbligo di avvalersi di un avvocato, obbligo di sopportare costi fissati a livello ministeriale, sanzioni in caso di mancata partecipazione, …), dall’altro il sistema comunitario ADR consumatori basato sulla dir 2013/11 assicura la possibilità per gli stessi, in sede di reclamo contro operatori professionali per beni o servizi acquistati, di rivolgersi gratis o a costi simbolici ad organismi partecipanti ad una rete europea, senza alcun obbligo di avvalersi di un avvocato e piena libertà di abbandonare la procedura in qualsiasi momento senza ripercussioni negative.
Alla luce di ciò il giudice riteneva opportuno chiedere un chiarimento alla Corte di Giustizia cosa appunto avvenuta con la decisione in esame.

La Corte, dopo aver riassunto i termini della questione ha ricordato che il legislatore nazionale ben può prefigurare l’esperimento della mediazione come condizione di procedibilità a condizione che “tale procedura non conduca a una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, a patto però che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e che sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone (v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2010, Alassini e a., da C 317/08 a C 320/08, EU:C:2010:146, punto 67)”.
Quanto all’obbligo di avvalersi di un avvocato (disposizione introdotta, si ricorderà dal c.d. decreto del fare dell’estate 2013), la Corte è stata secca nel ricordare che “una normativa nazionale non può imporre al consumatore che prende parte a una procedura ADR di essere assistito obbligatoriamente da un avvocato”.
Infine, la Corte ha pure detto chiaramente che “la direttiva 2013/11 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che limita il diritto dei consumatori di ritirarsi dalla procedura di mediazione al solo caso in cui dimostrino l’esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione”.
Tanto difficile?
La vicenda mostra come in Italia siamo campioni per complicare le cose semplici e come ci sia il bisogno di una ristrutturazione dell’intero sistema ADR (Commissione Alpa, che occasione persa…) che razionalizzi i vari modi di gestire un conflitto fuori dai canali giurisdizionali, stabilendo regole (solo laddove utile e necessario, per favore) nel rispetto di un principio che sembra esser sempre trascurato dal nostro bizantino legislatore: l’autodeterminazione delle parti.