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25 maggio 2009

Cultura e negoziazione

La negoziazione è stata definita in molti modi. Possiamo pensare ad un processo di comunicazione tra minimo due parti. Se si tratta di Stati, prende il nome di diplomazia. Nella negoziazione, le due parti diventano interlocutori impegnati in una privilegiata conversazione riguardo la loro disputa. Si scambiano informazioni relative alla loro posizione ed in situazioni particolari anche relativamente agli interessi sottostanti, seppur in maniera non sempre esplicita. C’è un reciproco scambio di istruzioni ed informazioni. A volte la conversazione può diventare retorica o accusatoria, con finalità persuasive. (Spesso le parti finiscono, come dicono loro stesse, per “parlarsi l’una sull’altra”). Non dimentichiamo che possono nascere atteggiamenti costrittivi, in questa ultima ipotesi siamo al di fuori della negoziazione: è improbabile, infatti, dialogare e costringere allo stesso tempo.A tal proposito si parla di diplomazia coercitiva.
In alcuni casi la finalità fondamentale per entrambe le parti è porre fine o attenuare una disputa. Quindi utilizzare la comunicazione per risolvere una divergenza di interessi. In altri casi, sempre in contesti conflittuali, la negoziazione può anche essere un’altra sorta di strumento: una o entrambe le parti possono voler partecipare alla negoziazione con la finalità di mantenere pubbliche relazioni o per l’opinione pubblica. Altre volte una parte può approfittare delle trattative per prendere tempo, per raccogliere e ordinare le proprie forze in vista di un migliore attacco o difesa. In ogni caso qualunque siano gli ambiti di utilizzo, la negoziazione coinvolge anche la comunicazione ed implica l’esistenza di due attori collocati in un contesto, un tavolo di negoziazione come si usa dire. “Tutte le negoziazioni dipendono dalla comunicazione, e questa è il solo aspetto in cui l’elemento umano non può essere ridotto. Tale effettiva comunicazione, specialmente attraverso confini nazionali, culturali, e linguistici, richiede costante attenzione per accertarsi che i messaggi siano trasmessi chiaramente e interpretati in modo univoco da entrambe le parti. E’ inoltre necessaria una conoscenza dell’individuo o del gruppo, fonte di potenziali errate interpretazioni, così come è necessario che ogni azione venga fatta coscientemente nella negoziaione,per comunicare nel rispetto delle identità e differenze. (Hopmann)
La cultura ha trovato il suo spazio all’interno della letteratura delle negoziazioni internazionali per due ragioni.
In primo luogo, perché la negoziazione ha a che fare con la comunicazione, e prestando attenzione alla comunicazione diventa difficile annullare l’“elemento umano”: la soggettività, le conoscenze ed il contesto culturale.
In secondo luogo, la cultura delle relazioni internazionali è una materia in cui il professionista che fa questo può dare il suo contributo; i giocatori di un gioco hanno sempre qualcosa da dire. I professionisti presidenti, ministri o diplomatici che hanno negoziato con interlocutori stranieri spesso hanno intuizioni riguardo le questioni culturali che nelle astratte simulazioni teoriche sono di solito ignorate.
Queste percezioni sono raccolte nei loro trattati; ma è impegnativo leggere le varie raccolte di Kissinger, Carter o Nixon (citando solo tra i più illustri americani) e trovare quelle pillole di saggezza riguardanti comportamenti e abitudini di Italiani, Cinesi, Arabi e Israeliti o Russi. Sir Harold Nicolson scrive:“L’arte della negoziazione è essenzialmente un’ arte del commercio, e il successo della diplomazia inglese è fondato sui principi commerciali di moderazione, correttezza commerciale, ragionevolezza, credito, compromesso, e diffidenza verso sorprese o clamorosi estremi. Le basi per una buona diplomazia sono le stesse necessarie per un buon affare."